Facciamo i conti...

 

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ENERGIA DI UN IMPATTO

E’ veramente difficile riuscire anche solo ad immaginare l’enorme energia rilasciata al verificarsi di un impatto cosmico, e ciò non solo perché mancano termini di confronto tangibili cui poter fare un riferimento concreto, ma anche perché nel momento in cui si riesce ad azzardare qualche paragone, l’enorme dislivello che ci si pone dinanzi fa ben presto svanire qual poco di chiarezza che il paragone stesso avrebbe voluto introdurre.
Ho scelto allora di nascondere tale confronto al di sotto di immagini che, forse, hanno più possibilità di restituire almeno una vaga idea delle smisurate grandezze in gioco.
La formula fisica di partenza per i nostri calcoli è quella che ci permette di determinare l’energia cinetica del corpo impattante (e dunque l’energia che si sprigiona nel momento dell’impatto) partendo dalla sua massa (m) e velocità (v):

(1)

Applicando la (1) al caso di una piccola cometa (diametro di 1 km e densità di 1 g/cm3) che giunge all’impatto con una velocità di 40 km/sec (valore perfettamente in sintonia con la media delle possibili velocità di un proiettile di questa natura) e trascurando ogni possibile variazione di questi parametri imputabile all’azione disgregatrice dell’atmosfera o degli effetti mareali dovuti all’azione gravitazionale del bersaglio, si può facilmente calcolare un contenuto energetico di  4.2 x 1020 Joule.
In sé questo numero dice veramente poco, almeno fino a quando, come si osservava in apertura, non possediamo un termine di paragone comprensibile; trasformiamo dunque tale contenuto energetico esprimendolo con un’altra grandezza, non più famigliare del Joule, ma che può consentire di spingere un po’ più in là i nostri paragoni energetici.
Ed il termine di paragone può essere il contenuto energetico (si tratta di energia chimica) di 1 kg di un esplosivo tradizionale quale il tritolo (TNT), in grado di sviluppare allo scoppio un’energia di 4.2 x 106 Joule.
Forse qualche idea in più comincia a balenare, ma il divario è ancora troppo marcato: il contenuto energetico di quella piccola cometa è superiore alla nostra nuova unità di misura di ben 14 ordini di grandezza…

Aumentiamo pertanto le dosi di esplosivo (passiamo dai chili alle tonnellate e, successivamente, alle migliaia e, più in su ancora, ai milioni di tonnellate di TNT), ed ecco che prendono corpo nuove possibili (e spaventosamente grandi) unità di misura: sono il kiloton (kton), cioè la quantità di energia associabile all’esplosione di 1.000 tonnellate di tritolo (esprimendo tale energia con i più scientifici Joule ci farebbe ottenere il valore di 4.2 x 1012) ed il megaton (Mton), energia liberata dall’esplosione di 1 milione di tonnellate di tritolo (4.2 x 1015 Joule).
Non si tratta, comunque, di unità di misura nuove di zecca inventate per tentare di risolvere in qualche modo i nostri problemi di comprensione di eventi troppo energetici.
Ormai da molto tempo il kton ed il Mton sono diventate quasi di uso comune anche per i non addetti ai lavori; è trascorso, infatti, ormai più di mezzo secolo da quel 21 luglio 1945, da quando, cioè, in una sperduta località del New Mexico trovava coronamento il lavoro di un gruppo di scienziati destinati ad entrare nella storia. Ed il primo pesante e tragico appuntamento con la storia si sarebbe avuto di lì a poco, alle 8.15 del 6 agosto di quello stesso anno, quando gli abitanti di Hiroshima avrebbero sperimentato di persona la tremenda potenza della nuova arma e le loro case sarebbero state rase al suolo dai 15 kton dell’ordigno sganciato dal bombardiere americano (vedi più avanti alcune notizie in merito a questo tragico avvenimento).
Proprio dalla necessità di quantificare le potenze esplosive di questi nuovi ordigni che si andavano ad accumulare negli arsenali militari sono nate le unità di misura del kton e del Mton, ed ora scopriamo che persino esse possono mostrarsi inadeguate.
La nostra piccola cometa (è da lì che siamo partiti) trasporta con sé, infatti, un contenuto di energia di 100.000 Mton, qualcosa come, più o meno, 6.700.000 bombe di Hiroshima!
Pur mettendoci tutta la buona volontà di questo mondo, ritengo sia veramente difficile anche solo abbozzare un timido tentativo di valutazione dell'effettiva portata di un tale numero di ordigni, ragion per cui ripiego su una similitudine grafica sperando, in tal modo, di aiutare anche chi mi ha pazientemente seguito fino a questo punto.
Immaginiamo, dunque, di rappresentare un evento energetico ricorrendo ad un cerchio, la cui area sia proporzionale al quantitativo di energia dell’evento stesso e, per fissare un punto di partenza abbastanza noto, immaginiamo che il cerchio che rappresenta l’evento di Hiroshima abbia il diametro di 1 cm.
In questa rappresentazione (secondo la quale un evento di 1 Mton verrebbe raffigurato con un cerchio di oltre 9 cm di diametro) l’energia della cometa di cui stiamo parlando verrebbe indicata da un cerchio di oltre 32 metri di diametro.
Se poi volessimo considerare il contenuto energetico di un asteroide (densità di 3 g/cm3) delle stesse dimensioni e velocità della cometa, dovremmo tracciare un cerchio con un diametro di quasi 57 metri.

Fatte queste brevi considerazioni sulla portata del contenuto energetico associabile all’impatto di un corpo celeste, ritengo interessante proporre un confronto riferendomi ad oggetti celesti reali o comunque dotati di caratteristiche il più possibile aderenti alla realtà.
Nella tabella che segue, infatti, abbandonando l’efficace rappresentazione grafica proposta in precedenza e ritornando ad utilizzare le grandezze fisiche, si indica il contenuto energetico (esprimendolo sia in Joule che in Mton) associato a quattro differenti situazioni, due delle quali riguardano oggetti celesti reali e ben noti, mentre le altre due sono ipotetiche, ma comunque verosimili, cioè rappresentano oggetti dotati di caratteristiche comunemente riscontrabili tra i corpi reali.

Oggetto Diametro Massa
(ton)
Energia
(Joule)
Energia
(Mton)
Asteroide 1 km 1.20 x 109 1.91 x 1020 4.54 x 104
Cometa 1 km 5.24 x 108 1.29 x 1021 3.07 x 105
4179 Toutatis 4.2 km + 2.5 km 1.08 x 1011 4.86 x 1022 1.16 x 107
Cometa Hale-Bopp 40 km 3.35 x 1013 3.24 x 1025 7.72 x 109

Il calcolo della massa dei quattro oggetti è stato fatto impiegando valori di densità tipici per questi corpi celesti, vale a dire 1 g/cm3 per le comete e 2.3 g/cm3 per gli asteroidi.
Nel caso di 4179 Toutatis si è calcolata la massa considerandolo costituito (come sembra sia in realtà) da due corpi a contatto dei quali si è ipotizzata per comodità una struttura sferica.
Analoga struttura sferica è stata ipotizzata anche per i calcoli relativi alla cometa Hale-Bopp.
Per il calcolo dell’Energia Cinetica, infine, si sono impiegati i seguenti valori di velocità:
         Asteroide            17.8 km/sec (è la velocità media di un oggetto Earth-crosser)
         Cometa               70.2 km/sec (è la velocità della cometa Encke al perielio)
         Toutatis               30 km/sec
        Hale-Bopp            44 km/sec

Immagine radar di 4179 Toutatis

Immagine della cometa Hale-Bopp

 

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LA TRAGEDIA DI HIROSHIMA

Più volte, parlando di impatti e dell'energia da essi liberata, si è fatto esplicito riferimento, quale termine di paragone per cercare di rendere più comprensibili tali eventi altamente energetici, all'esplosione atomica che seminò morte e distruzione nella cittadina giapponese di Hiroshima, olocausto che precedette di tre soli giorni quello di Nagasaki (meno ricordato, ma non meno devastante) e che solamente una lettura non di parte degli eventi storici potrà un giorno chiarire se e quanto fosse veramente necessario (qualcuno a quell'epoca lo considerò indispensabile…) per la conclusione del secondo conflitto mondiale sullo scacchiere giapponese.
"Little boy", questo era il nomignolo affibbiato alla bomba di Hiroshima, non aveva in sé nulla di particolare che lo elevasse al rango di "unità di misura", se non il triste fatto che fosse il primo ordigno nucleare (e, con Nagasaki, si spera anche l'ultimo) impiegato per scopi bellici.
Questo significa che gli spaventosi effetti innescati da una esplosione di tali smisurate dimensioni (ancora enormemente lontane, comunque, dalle energie presenti in occasione di impatti cosmici!), dal momento che possono essere riferiti a situazioni di vita quotidiana, risultano più comprensibili degli eventuali aridi numeri deducibili dagli svariati esperimenti nucleari che hanno caratterizzato (e ancora caratterizzano) questi ultimi anni del secondo millennio.
L'ordigno fu sganciato il 6 agosto 1945, alle ore 8.15, da un bombardiere B-29 (battezzato "Enola Gay") decollato nella notte dalla base di Tinian nelle Marianne, ed esplose a circa 600 metri dal suolo liberando tutta la sua energia, equivalente a quella generata dallo scoppio di 15.000 tonnellate di tritolo.
A quell'epoca gli esperti avevano garantivano che la sua potenza sarebbe stata equivalente a oltre sette volte il quantitativo di esplosivo lanciato sulla Germania dagli Alleati nel corso di tutto il 1942.
Il grafico riportato qui sotto mostra come presumibilmente si distribuì lo smisurato quantitativo di energia sprigionata dall'esplosione dell'ordigno.

Dalla sua analisi si può notare che la metà dell'energia si consumò nell'innescare una potentissima onda di pressione, un vento cinque volte più intenso di quello che si può originare in un violento uragano, che a velocità supersonica (oltre 1500 km/h) si allontanò dall'ipocentro (così è chiamato, usando una terminologia sismica, il punto sulla superficie terrestre collocato sulla verticale del punto dell'esplosione) spazzando via ogni cosa per circa due chilometri e lasciando il vuoto nella sua scia. L'impressionante velocità di questo vento caldissimo era ancora 1000 km/h a 500 metri dall'ipocentro, e 300 km/h a un chilometro e mezzo.
Agli effetti distruttivi di questa onda d'urto diretta vennero poi a sommarsi quelli dovuti al ritorno dell'aria che, dopo lo svuotamento iniziale della zona, si precipitò indietro, rifluendo verso il centro dell'esplosione e abbattendo ciò che miracolosamente era rimasto ancora in piedi.
Vennero in tal modo rasi al suolo 12 km2 della città e si stimò in circa l'80% il grado di distruzione delle costruzioni.

La seconda manifestazione dell'energia sviluppatasi nell'esplosione fu il calore: si nota nel grafico, infatti, che più di un terzo è energia termica.
La temperatura più alta al suolo fu raggiunta proprio sotto il punto di esplosione, dove si stima abbia superato l'impressionante valore di 3900 gradi centigradi. L'enorme calore fu in grado di sciogliere le tegole in ceramica delle case entro un raggio di 500 metri dall'ipocentro.
Gli abitanti di Hiroshima che si trovavano entro un raggio di 2 chilometri dal centro dell'esplosione ebbero i vestiti letteralmente bruciati dalla vampata.
Circa 200 metri dal centro dell'esplosione, un signore era seduto sui gradini dell'ingresso di una banca in attesa dell'apertura; il calore fu così intenso da modificare la superficie dei gradini (da pietre grigie divennero bianche)… tranne nel punto in cui era seduto quell'uomo, il cui corpo si era comportato da schermo assorbendo il calore lasciando di conseguenza una specie di macabra ombra.

Ma la componente più subdola (sia perché invisibile, sia perché quasi totalmente sconosciuta) fu il restante 15%, vale a dire l'energia racchiusa nelle radiazioni.
Nell'esplosione, infatti, si originarono radiazioni Alfa, Beta, Gamma e di tipo neutronico, e se le componenti Alfa (nuclei di Elio) e Beta (elettroni o positroni emessi dai nuclei radioattivi) vennero assorbite dall'aria e non raggiunsero il terreno, non così fu per le radiazioni Gamma (radiazione elettromagnetica) ed i neutroni, che seminarono tra la popolazione il loro carico di morte.
E se l'effetto dell'onda d'urto e del calore provocò in pochi istanti 70.000 vittime, ben 130.000 saranno coloro che, per anni e anni ancora dopo l'esplosione, moriranno tra atroci sofferenze a causa delle conseguenze delle radiazioni.

Tutto questo (e purtroppo molto di più) fu Hiroshima...
Ma qui mi fermo perché c'è il rischio, addentrandosi troppo nei particolari, di dimenticare tanta sofferenza lasciandosi prendere la mano da descrizioni che, anziché mantenere ben desto il giusto e doveroso ricordo, finiscono con l'alimentare solo morbosa curiosità.

Per non dimenticare...

 

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